Manifesto_Italiano

Manifesto

La nozione di creatività ha a che fare con l’invenzione di qualcosa che prima non c’era (“creare” è, a rigore, trarre dal nulla), dunque non può essere una semplice ripetizione del consueto normale, ma deve costituire una qualche deviazione. Grazie a un colpo d’ala, diciamo così, si produce una certa quota di disordine. Non che l’ordine non sia necessario alla vita, tuttavia l’emergenza del disordine è altrettanto necessaria a far sì che non si resti imprigionati nel cerchio asfittico della ripetizione del sempre uguale, foss’anche appagata da un’ambigua serenità. Creativa in senso dirompente è, appunto, la vocazione dell’arte moderna, che per questa via si collega a una richiesta di libertà, e di conseguenza a una utopia di tipo anarchico; anarchia come espressione dell’uguaglianza, di una pari misura di tutte le componenti. Ora, questa utopia l’arte la può prendere in carica nel suo stesso modo di fare, per approssimazione o per figura anticipatrice. Così, ad esempio, le diverse arti possono convergere e potenziarsi, partecipando attivamente, ciascuna a suo modo, per incentivare i sensi, o addirittura producendo polisensi e rimandi allegorici. Il principio anarchico-creativo, allora, può manifestarsi nel superamento sia dei vincoli del testo drammaturgico e soprattutto nel passaggio da una struttura verticale ad ipotesi formali orizzontali dove ogni “figura” viene rielaborata e dove la regia diviene pura interrelazione, fermo restando a monte (paradossalmente) un progetto consapevole di disorganicità, disgiunzione ed eterogeneità delle parti; ancor di più se interviene la liberazione dai generi convenuti e prestabiliti, la sperimentazione di nuove tecnologie, la decostruzione ironica delle identità eccessivamente corazzate. Tra le diverse componenti messe in campo si sviluppa non tanto la multimedialità, ma “l’intermedialità”, ossia un rapporto non dato in partenza, bensì tutto da verificare anche nelle possibili interferenze. Lo spettacolo come test. Proprio la libertà dell’indeterminazione, oltre a suscitare reazioni sensoriali inedite, sollecita la riflessione e dunque – mentre si affida all’estro momentaneo dell’improvviso, –  tuttavia, nella sua rappresentazione complessa, richiede il ricorso all’intelligenza e alla ragione del dubbio. Il progetto SPORES svela, definisce, illustra e promuove il concetto di esperienze intermediali come un tentativo creativo. Tutti gli esperimenti saranno accessibili sia offline che online. Per fare ciò, SPORES progetta una metodologia che mette soluzioni digitali e metodi di pensiero progettuale al servizio della creatività, al fine di esplorare territori sconosciuti delle digital humanities. Questo implica la capacità di inventare nuovi formati artistici, di ripensare le relazioni con il pubblico (modalità di interazione tra artisti e pubblico) e la cooperazione aperta tra operatori di altre culture professionali. SPORESs si basa sulla creazione di un approccio intermediale che dà vita ad un’interazione tra le diverse arti e le diverse discipline;

Il suo percorso sinestetico si è via via intensificato nella fusione, quasi naturale, tra discipline umanistiche e scientifiche; generando linguaggi “instabili” che si rielaborano di continuo. Spaziando dalla poesia all’informatica, dal teatro alle arti figurative, dalla matematica alla musica, dalla danza al cinema e alle sue trasformazioni, in una costante ricerca sinergetica che avverte il Sapere come ultima forma di resistenza. Un progetto che si trasforma di continuo utilizzando e rielaborando le nuove tecnologie; un incontro di linguaggi diversi e creazioni che divengono specchio del passaggio ancestrale che dall’analogico approda al digitale, attraverso un viaggio intermediale che poggia su dubbi e perplessità. Umanizzare le nuove tecnologie, per vivere lo sconfinamento tra mondo “reale” e mondo “virtuale” in maniera più naturale, non sentendosi più consumatori ma “utilizzatori”, persone nuove, capaci di comunicare, produrre, generare. Tempo e Spazio si aprono ai fondamenti della meccanica quantistica: nelle varie sperimentazioni proposte, dall’accoglienza alle performance, tutto si mescola in uno spazio-istallazione dove non si distingue più chi è artista e chi è spettatore (anche perché spettatore non lo è più). Proprio dalla meccanica quantistica prende vita questo percorso biennale, dagli studi di Carlo Rovelli. Un’ibridazione tra Arte e Scienza, un tentativo di rendere palpabile il concetto di Indeterminazione.

La realtà è una stratificazione lussureggiante: montagne innevate e foreste, lo sguardo degli amici, il rombo della metropolitana nelle sporche mattine d’inverno, la nostra sete irrequieta, il saltare delle dita sulla tastiera del portatile, il sapore del pane, il dolore del mondo, il cielo notturno, l’immensità delle stelle, Venere che brilla solitaria nel cielo blu oltremare del crespolo… di questo pullulare caledoscopio pensavamo aver trovato la trama di fondo, l’ordine nascosto dietro al velo disordinato delle apparenze. Era il tempo in cui il mondo sembrava semplice.

Ma la chiarezza della fisica classica è stata spezzata dai quanti. E’ stato un risveglio brusco che ci porta però al cuore pulsante del pensiero scientifico che non è fatto di certezze, è un pensiero in movimento che ha la capacità di mettere tutto in discussione. La “realtà” si ridisegna in continuazione.

Cos’è la Teoria dei Quanti? Non è descrivere il modo in cui gli oggetti si manifestano a noi ma descrive come qualunque oggetto fisico si manifesti e agisca a qualunque altro oggetto fisico. Nessun oggetto è solo, al contrario non fanno che agire l’uno sull’altro. Vivono in un sistema di interazioni. di influenze- E’un’idea semplice in fondo: la “realtà” è una rete di interazioni in cui gli oggetti sono i nodi. Non ci sono proprietà al di fuori delle interazioni. questo è il significato dell’intuizione originaria di Heisenberg.

Il mondo dei quanti è fatto solo di interazioni, accadimenti, eventi discontinui, senza permanenza. Ogni interazione è un evento, sono questi eventi lievi ed effimeri che costruiscono la “realtà”, non i pesanti oggetti carichi di proprietà assolute che la nostra filosofia poneva a supporto di questi eventi. La vita di un elettrone non è una linea nello spazio: è un punteggiato manifestarsi di eventi, uno qui e uno là, quando interagisce con qualcos’altro. Eventi puntiformi, discontinui, probabilistici, relativi. La solida continuità del mondo a cui siamo abituati nella nostra vita quotidiana non rispecchia la grana della “realtà”: è il risultato della nostra visione macroscopica. Un oggetto è uno, nessuno, centomila. Il mondo si frantuma in un gioco di punti di vista, che non ammette un’unica visione globale. E’un mondo di prospettive, di manifestazioni, non di entità con proprietà definite o fatti univoci. Le proprietà non vivono sugli oggetti, sono ponti tra oggetti. Gli oggetti sono tali solo in un contesto, cioè solo rispetto ad altri oggetti, sono nodi dove si allacciano ponti. Il mondo è un gioco prospettico, come di specchi che esistono solo nel riflesso di uno nell’altro. La grana fine delle cose è questo strano lieve mondo, dove le variabili sono relative e il futuro non è determinato dal presente.[1]

Questo fantasmatico mondo di quanti è il nostro mondo. E da questo noi partiamo; o meglio, ripartiamo per cercare come le SPORE nuovi habitat, nuovi linguaggi, nuovi modi per comunicare. Lo spazio diviene zona franca che non si abbandona a ripetizioni poiché se lo spazio cambia lo spettacolo cambierà con lui. Se l’elaborazione è già trasformazione, il concetto di relatività comincia ad essere sospensione “tangibile” che prende vita dal rimescolamento tra Aion, Kronos e Kairos, dove quest’ultimo la fa da padrone; un insieme di attimi, di opportunità, di momenti propizi, catturati e rielaborati di continuo. Ogni artista rappresenta un momento della creazione, non importa la durata scenica, è l’intensità che si propaga a fare la differenza; In questo percorso metamorfico sopra descritto un elemento rimane costante, ricollocandosi sempre in nuove sequenze di significato: La Poesia.       

La Poesia rappresentata quella possibilità espressiva capace di diramarsi nelle rivelazioni più diverse. Una “forma” in grado di modificarsi divenendo altro senza perdere mai la sua essenza, la sua Identità. La poesia è l’espressione ideale per un pensiero critico, ma aperto, capace di far dialogare le diverse varianti, di dare senso alle Ipotesi, alle Utopie, indispensabili stimolatrici del progresso umano, necessarie per un pensiero mutante, rivoluzionario, pronto a ribaltare gli schemi imposti da un potere divenuto oramai inafferrabile, a-materico, difficilmente contestabile; un potere che si trasforma in entità universale irraggiungibile, un mostro abnorme di cui non si conosce nulla, né nome, ne volto; capace di relegare l’uomo moderno in uno stato di solitudine globale senza precedenti, privo di appigli e consolazioni. A questo serve l’Inquietudine, a generare, a creare di continuo, a non accontentarsi mai di ciò che si è, di ciò che si ha; la ricerca incessante è gemma preziosa del nostro istinto, nato per desiderare sempre qualcos’altro, con tutti i rischi che ne conseguono. E se il mondo è irrefrenabile moltitudine, se l’uomo è moltitudine, l’unico modo per rappresentare questa infinità è l’Interdisciplinarità, l’Intermedialità. Tanti pensieri ed espressioni differenti che danno vita ad un progetto basato principalmente sulla casualità.